La Palma d’oro onoraria a sorpresa per Denzel Washington corona la giornata del festival di Cannes in cui il ritorno della leggendaria coppia black con Spike Lee per Highwest 2 Lowest in prima mondiale fuori concorso ha dominato. “Sono emozionato, una grandissima sorpresa per me essere qui ricevere questo premio, essere una volta ancora a Cannes e ancora una volta collaborando con mio fratello Spike Lee”, ha detto l’attore questa sera visibilmente colpito ricevendo il premio prima che cominciasse la premiere mondiale al Grand Theatre Lumiere con tutto il pubblico in piedi ad applaudire l’attore americano.
A caratterizzare la giornata anche i due film in lizza per la Palma d’oro, ossia l’atteso Alpha, nuovo provocatorio film di Julie Ducournau dopo la Palma d’oro di Titane e il thriller politico di Tarik Saleh The Eagles of Republic, ambientato al Cairo negli anni del tentato golpe oltre 10 anni fa. Applausi poi per C’era una volta Gaza, diretto dai due fratelli palestinesi Arab e Tarzan Nasser, presentato a Un Certain Regard, felicemente spiazzante, tutto il contrario di ciò che ci potremmo attendere dai diari di chi è cresciuto e vissuto sulla Striscia.
Si attende domani Jafar Panahi, il regista dissidente iraniano, incarcerato più volte e il cui divieto di viaggiare fuori del suo Paese è caduto: vederlo occupare al Grand Theatre Lumiere la sedia riservata a lui troppe volte vuota è una vera notizia per il Festival di Cannes che in competizione ha incluso il suo nuovo film Un simple accident.
E sale la febbre per il film italiano quest’anno in concorso per la Palma d’oro: Fuori di Mario Martone con Valeria Golino nei panni della scrittrice Goliarda Sapenza, amata in Francia prima che in Italia. Dopo la premiere di ieri sera, Isabelle Huppert, ‘the queen’ of Cannes, ha raccontato oggi la sua immersione nel personaggio della donna più ricca del mondo nel film di Thierry Klifa ispirato all’affaire Bettencourt, lady L’Oreal.
L’arrivo di Spike Lee e Denzel Washington ha richiamato sul red carpet la folla delle grandi occasioni con registi come Jacques Audiard, Mathieu Kassovitz, Wes Anderson e la caccia al biglietto per assistere alla premiere questa sera del film che ha riunito la coppia afroamericana dopo quasi venti anni e per la quinta volta dai fasti di Mo’ Better Blues (1990), proseguiti con Malcolm X, He Got Game e Inside Man del 2006. Completo lungo a righe arancio e viola e occhiali coordinati, Spike Lee sul red carpet, con Denzel Washington e A$AP Rocky con tutti i suoi denti dorati, si è fatto notare come suo solito, infischiandosene delle regole del dress code.
Il film di Apple e A24 è un thriller poliziesco, moderna reinterpretazione del classico del 1963 di Akira Kurosawa Anatomia di un rapimento, ma ambientato nella New York contemporanea in cui un magnate della musica interpretato da Denzel Washington è alle prese in definitiva con il dilemma di fare la cosa giusta, per citare uno dei titoli migliori di Lee. “C’è altro nella vita oltre al fare soldi. È integrità. È ciò per cui combatti. È quello in cui credi davvero” dice nel film per accompagnare il quale Denzel Washington ha fatto un blitz di 24 ore nell’unico giorno libero del teatro di Broadway dove è un applaudito Othello di Shakespeare.
In concorso si aspettava Alpha di Ducournau rivelatosi film più intimo su una sorta di Covid che uccide lentamente tra intermittenti pazzie e, all’ultimo stadio, marmorizzando i corpi. Alpha (Mélissa Boros) è una ragazzina di tredici anni che vive con la madre (Golshifteh Farahani), medico d’ospedale nel reparto di cura del misterioso virus, ma un giorno torna a casa con un tatuaggio sul braccio, una A maiuscola, e niente sarà più come prima. La madre intanto ha paura del contagio che però comunque entra nella loro casa quando arriva il fratello della donna, ovvero zio Amin (Tahar Rahim), un tossico che ha contratto da poco il virus. Un film (in sala con I Wonder prossimamente) che parla della difficoltà di lasciar andare. È il terzo capitolo della trilogia sull’Egitto della primavera post-araba dello svedese Tarik Saleh, The Eagles of Republic.
Fares Fares, egiziano e attore feticcio di Saleh, interpreta George Fahmy, il più famoso attore del Paese, donnaiolo, amante della bella vita, separato e con un figlio con cui ha un rapporto non felice, convivente con una attrice che potrebbe essere la figlia. Proprio per la sua popolarità viene contattato dai ministri del governo e alti dignitari per interpretare in un film di propaganda governativa, il presidente al-Sisi in un biopic celebrativo. Impossibile dire di no ma da quel giorno si troverà in una rete oscura del potere, di sospetti, esecuzioni a freddo, complotti. Si innamorerà pericolosamente della bella moglie del ministro della Difesa, docente in una università straniera ma è chiaro che si tratta di una relazione a rischio. Ma tragici eventi sono in arrivo e il melodramma vira nell’action.
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